POLITICA INTERNA
Decreto Sicurezza, la Cassazione presenta il conto: Governo bocciato in diritto costituzionale, il Ministro si dichiara “incredulo”
In una scena che ricorda più un esame di riparazione andato male che un’interlocuzione istituzionale, la Corte di Cassazione ha recapitato al governo la sua pagella sul Decreto Sicurezza. Il voto è un sonoro “rimandato a settembre”. La relazione dell’Ufficio del Massimario, un documento che solitamente provoca sbadigli tra i non addetti ai lavori, si è trasformata in una lezione di diritto costituzionale a cielo aperto, evidenziando “criticità” e “dubbi di costituzionalità”. Tra le perle, si contesta la palese mancanza dei requisiti di necessità e urgenza, quel dogma che dovrebbe giustificare l’abuso della decretazione d’urgenza, e la “disomogeneità” del testo, un calderone dove si mescolano norme su cortei, carceri e cannabis con la stessa coerenza di un menù che propone sushi e polenta.
La reazione più sublime è stata quella del Ministro della Giustizia Nordio, che si è dichiarato “incredulo”. Un’incredulità che sa di comico, la stessa di uno studente sorpreso a copiare che non capisce perché il professore si sia arrabbiato. Questa reazione suggerisce due scenari, entrambi deliziosamente preoccupanti: o una genuina ignoranza dei pilastri dello stato di diritto, oppure la cinica sorpresa di essere stati scoperti con le mani nella marmellata legislativa. L’episodio non è solo un inciampo politico, ma la manifestazione di un approccio al governo che privilegia l’annuncio sull’approfondimento, il pugno sul tavolo sul rispetto delle procedure. Si tenta di governare per proclami, salvo poi scoprire che le leggi, a differenza dei post sui social, devono rispettare una cosa noiosa chiamata Costituzione.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, Sky TG24
Addio al Terzo Mandato: la Commissione spegne i sogni di gloria dei Governatori, le poltrone tornano sul mercato
Con la solennità di un necrologio, annunciamo la prematura scomparsa dell’emendamento sul terzo mandato. La Commissione Affari Costituzionali ha posto fine ai sogni di eternità di diversi governatori, costringendoli a confrontarsi con una realtà spaventosa: dopo un decennio di onorato servizio, potrebbero dover cercare un nuovo impiego. Un dramma umano e politico. Si spegne così la speranza di poter perpetuare regni che iniziavano ad assomigliare a monarchie regionali, dove l’unica incertezza era il colore delle nuove tende per l’ufficio.
La bocciatura, apparentemente un cavillo tecnico, è in realtà un terremoto politico che ridisegna le mappe del potere. Partiti come la Lega, che contavano sulla ricandidatura di figure come Luca Zaia per mantenere il controllo di roccaforti storiche, sono ora costretti a un affannoso casting per trovare un erede. Si apre ufficialmente la stagione della “guerra di successione”, un risiko interno alle coalizioni dove volano coltelli per accaparrarsi le candidature più prestigiose. È la fine del “poltronismo” per diritto divino e l’inizio di una sana, democratica rissa per il potere. Piangiamo lacrime di coccodrillo per i sovrani decaduti, mentre ci prepariamo a goderci lo spettacolo delle loro corti in subbuglio.
Fonte: Sky TG24
“Mi manda l’Antiterrorismo”: scoperte le 5 spie della porta accanto nel movimento Potere al Popolo. Il dibattito politico si fa in borghese.
In un colpo di scena degno di un film di spionaggio di serie B, una denuncia in Senato ha svelato che ben cinque agenti di polizia sotto copertura si erano infiltrati nel movimento politico “Potere al Popolo”. La parte più esilarante è che l’operazione sarebbe stata orchestrata nientemeno che dall’Antiterrorismo. Viene da chiedersi quali terribili minacce alla sicurezza nazionale tramassero questi pericolosi sovversivi: forse un piano per rendere obbligatoria la quinoa nelle mense aziendali o per sostituire le auto blu con biciclette a scatto fisso. È facile immaginare questi agenti infiltrati, costretti a sorbirsi ore di dibattito sulla teoria del valore di Marx, mentre sognavano un’onesta retata in un covo di mafiosi.
Al di là della parodia, la notizia solleva un interrogativo caustico sulle priorità del nostro apparato di sicurezza. In un paese con problemi ben più tangibili, l’idea che risorse preziose dell’antiterrorismo vengano impiegate per monitorare un piccolo movimento della sinistra radicale è grottesca. Si delinea il profilo di uno Stato che sembra più interessato a sorvegliare il dissenso politico, per quanto marginale, che a combattere le vere minacce. La linea tra sicurezza nazionale e controllo politico diventa così sottile da essere invisibile. La prossima volta che a un’assemblea di condominio vedrete qualcuno prendere appunti con troppa foga, fatevi due domande: potrebbe essere un semplice pignolo, o un agente dell’antiterrorismo che indaga su chi non fa la raccolta differenziata.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
POLITICA ESTERA
Stati Uniti, la Corte Suprema decreta: la separazione dei poteri è un’opinione, lo Ius Soli lo decide il Presidente
Con una decisione che riscrive i manuali di diritto pubblico, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato piena ragione a Donald Trump, stabilendo che i tribunali inferiori non possono bloccare i suoi ordini esecutivi in materia di cittadinanza, come lo Ius Soli. In pratica, il concetto di “checks and balances”, quel pilastro della democrazia americana pensato per evitare la tirannia, è stato declassato a “suggerimento non vincolante”. La Casa Bianca diventa così l’unico arbitro su chi può essere considerato cittadino, trasformando un principio giuridico in un capriccio presidenziale. I democratici gridano all'”autoritarismo”, ma sembra più che altro la logica conseguenza di un sistema dove la legge è diventata uno strumento flessibile al servizio del potere.
Questa sentenza non riguarda solo il diritto di cittadinanza, ma l’architettura stessa della democrazia americana. Concentrare un potere così fondamentale nelle mani del solo esecutivo crea un precedente pericolosissimo. È come dare al capitano della nave non solo il timone, ma anche il diritto di decidere chi buttare a mare senza processo. La decisione della Corte Suprema, più che un’interpretazione della legge, appare come un atto di fede politica verso una visione del potere sempre più verticale e personalistica. La Statua della Libertà, nel frattempo, si copre il volto con la mano, non per piangere, ma per la palese vergogna.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, TGCOM24
Trump e il Canada, amici come prima più di prima: il Presidente rompe le trattative per una tassa e insegna al mondo la diplomazia del broncio
Le relazioni internazionali, quel complesso gioco di equilibri, alleanze e negoziati, sono state brillantemente semplificate da Donald Trump. L’ultimo capolavoro è l’interruzione immediata delle trattative commerciali con il Canada, reo di voler introdurre una “digital tax” simile a quella europea. La motivazione? È “un attacco al nostro Paese”. La diplomazia del XXI secolo si riduce così a una lite tra vicini di casa per un parcheggio, con tanto di porte sbattute e messaggi passivo-aggressivi. Manca solo che Trudeau risponda nascondendo il tosaerba di Trump.
L’episodio è una perfetta parodia della politica estera nell’era dei social media. Le decisioni che influenzano miliardi di dollari di scambi commerciali vengono prese e comunicate con l’impulsività di un tweet rabbioso. Questo approccio “a muso duro” non solo mina la stabilità economica, ma ridicolizza l’intero apparato diplomatico, ridotto a un gruppo di funzionari che corrono a spegnere gli incendi appiccati dal loro capo. Il Canada, da alleato storico, viene trattato come un fastidioso parente che chiede un prestito. È la dimostrazione che, nel nuovo ordine mondiale, l’arma più potente non è la bomba atomica, ma un ego smisurato e un accesso a internet.
Fonte: Il Fatto Quotidiano, TGCOM24, La Repubblica
Medio Oriente, dove il “cessate il fuoco” è solo una pausa tra un’esplosione e l’altra: Israele bombarda il Libano per festeggiare la tregua
In Medio Oriente, il lessico della pace ha un significato tutto suo. La parola “tregua”, ad esempio, sembra essere un sinonimo di “ricaricare le armi”. L’ultima dimostrazione arriva da Israele, che ha pensato bene di celebrare un appena dichiarato cessate il fuoco con un bel raid aereo sul Libano. Evidentemente, il concetto di “fermare le ostilità” era stato interpretato come un invito a spostarle un po’ più a nord. È la prova che la pace nella regione è un concetto astratto, come la fisica quantistica: tutti ne parlano, ma nessuno l’ha capita veramente.
Questo ennesimo episodio di violenza post-tregua non è un incidente, ma uno schema consolidato. Gli accordi diplomatici, faticosamente raggiunti da mediatori internazionali, hanno la durata di uno yogurt in scadenza. Ogni “cessate il fuoco” viene visto non come un fine, ma come un’opportunità tattica per riorganizzarsi prima del prossimo round. La comunità internazionale, dal canto suo, si limita a esprimere la solita “profonda preoccupazione”, una formula di rito ormai svuotata di ogni significato, simile a chi dice “ti faccio sapere” dopo un colloquio di lavoro. La guerra continua, ma almeno, per qualche ora, si era finto di volerla fermare. E questo, a quanto pare, è il massimo che si possa sperare.
Fonte: Il Fatto Quotidiano
FINANZA ED ECONOMIA
L’impero Ferragni colpisce ancora, ma questa volta il bilancio: perdite per 5,7 milioni e l’unica cosa che influenza è il conto in rosso
Nel magico mondo degli influencer, dove tutto ciò che si tocca diventa oro, arriva una notizia che sa di crepa nel muro di filtri Instagram: le aziende di Chiara Ferragni hanno registrato perdite per 5,7 milioni di euro. Un risultato che suggerisce come, forse, l’abilità nel creare un feed perfetto non si traduca automaticamente in acume imprenditoriale. È il contrappasso dantesco dell’era digitale: dopo aver influenzato milioni di follower, l’unica cosa che si riesce a influenzare con certezza è il proprio bilancio, ma in negativo. Forse la strategia basata sulla vendita di pandori a prezzi da gioielleria andava rivista.
Questa débâcle finanziaria è una gustosa metafora della fragilità dell’economia basata sull’immagine. Quando la reputazione, costruita a colpi di post sponsorizzati e sorrisi impeccabili, inizia a scricchiolare, l’intero castello di carte crolla rovinosamente. Il mercato, a differenza dei follower, non si compra con un “giveaway”. Quella che sembrava una macchina da soldi inarrestabile si rivela per quello che è: un business vulnerabile, dove un passo falso può costare più di una borsa di lusso. È una lezione amara per chi pensava che bastasse un buon personal branding per costruire un impero. A volte, serve anche un buon commercialista.
Fonte: Borsa Italiana (Radiocor)
Miracolo a Roma: la Pubblica Amministrazione paga in 30 giorni. Prossima notizia: trovata l’Arca dell’Alleanza in un archivio del Catasto
Tenetevi forte, perché stiamo per darvi una notizia che sfida le leggi della fisica e della burocrazia: la Pubblica Amministrazione italiana ora pagherebbe i suoi fornitori in 30 giorni. Sì, avete letto bene. Quel monolite di inefficienza, quel buco nero di scartoffie noto per tempi di pagamento biblici, si sarebbe trasformato in un modello di puntualità svizzera. La notizia è talmente sconvolgente che gli scienziati stanno valutando di riclassificarla come evento paranormale. Attendiamo con ansia la conferma ufficiale, che probabilmente arriverà insieme alla documentazione fotografica di un unicorno che pascola a Villa Borghese.
Se la notizia fosse vera, rappresenterebbe una svolta epocale per l’economia italiana, liberando liquidità per migliaia di imprese strozzate da ritardi cronici. Ma il condizionale è d’obbligo, perché anni di esperienza ci hanno insegnato a essere scettici. È più probabile che si tratti di una media statistica che nasconde realtà drammaticamente diverse, o di un annuncio trionfalistico destinato a sgonfiarsi alla prima fattura non pagata. Per ora, accogliamo la notizia con lo stesso spirito con cui si ascolta una leggenda metropolitana: affascinante, divertente, ma con ogni probabilità falsa. Nel frattempo, gli imprenditori continuano a controllare il conto in banca, sperando nel miracolo.
Fonte: Borsa Italiana (Radiocor)
Xiaomi, dal tostapane intelligente al SUV che si vende da solo: 200.000 ordini in 3 minuti e la conquista del mondo continua
Xiaomi, l’azienda che vi ha venduto il telefono, il purificatore d’aria, la bilancia smart e probabilmente anche il bollitore, ha deciso che era ora di vendervi anche un’automobile. E non una qualsiasi, ma un SUV elettrico, lo YU7, che ha raccolto la bellezza di 200.000 ordini nei primi tre minuti dal lancio. È la dimostrazione definitiva che la convergenza tecnologica è arrivata al suo stadio finale: presto il vostro frullatore vi aggiornerà sul traffico e il vostro spazzolino da denti elettrico vi prenoterà il tagliando. La nostra vita è ufficialmente un ecosistema a marchio unico.
Questo successo fulminante non è solo un trionfo commerciale, ma un fenomeno culturale. Rivela la nostra totale e incondizionata sottomissione ai grandi brand tecnologici, ai quali siamo disposti ad affidare non solo i nostri dati personali, ma anche la nostra sicurezza stradale. L’idea di un’auto prodotta da un’azienda di elettronica non ci spaventa, anzi, ci esalta. È il sintomo di un mondo dove il software ha divorato l’hardware, e dove la fiducia in un marchio conta più di decenni di esperienza ingegneristica. Preparatevi: il prossimo aggiornamento del vostro telefono potrebbe includere l’opzione “guida autonoma”. Sperando non vada in crash.
Fonte: Borsa Italiana (Radiocor)
ARTE, CULTURA, SPETTACOLO
L’arte non ha confini, ma il mercato sì: una galleria d’arte turca sbarca a Londra per unire cultura e plusvalenze
In un gesto di grande apertura culturale (e di ottimo fiuto per gli affari), la galleria d’arte turca Dirimart ha inaugurato una nuova, scintillante sede a Londra. L’evento celebra il potere dell’arte di unire i popoli, ma soprattutto il potere del denaro di spostarsi dove è più redditizio. La capitale britannica si arricchisce così di un nuovo hub dove collezionisti internazionali potranno ammirare le meraviglie dell’arte contemporanea turca, mentre calcolano mentalmente il potenziale ritorno sull’investimento. È il trionfo della globalizzazione, dove un’opera d’arte è contemporaneamente un ponte tra culture e un asset finanziario.
La mostra inaugurale dell’artista Ayşe Erkmen, intitolata “I still insist”, riflette sulla “transizione” e sul “disorientamento”. Un tema perfetto per descrivere la sensazione di un investitore che cerca di capire se sta comprando un capolavoro o semplicemente un pezzo di arredamento molto costoso. La galleria diventa così un palcoscenico dove si recita la commedia dell’arte: da un lato la retorica elevata sulla creatività e il dialogo, dall’altro la fredda realtà di un mercato spietato. Un’operazione che unisce il sapore esotico di un baklava con la solida concretezza di un’asta da Sotheby’s.
Fonte: ArtsLife
A Milano l’arte si fa con il righello: una mostra “programmata” trasforma la logica in incanto e il vostro portafoglio in un vuoto a rendere
Se pensavate che l’arte fosse tutta istinto e passione, la galleria 10 A.M. ART di Milano è pronta a smentirvi con la mostra “X Incantamento”. Qui, quattro artiste trasformano il rigore matematico e la logica progettuale in “stupore” e “incanto”. In pratica, vi dimostrano che anche le griglie e le forme geometriche possono avere un’anima, o almeno un prezzo. Il titolo stesso è un capolavoro di marketing intellettuale: la “X” simboleggia il rigore, l'”Incantamento” è quello che provate voi quando scoprite il costo del biglietto.
Le opere esposte, dalle griglie pulsanti di Lucia Di Luciano alle geometrie instabili di Esther Stocker, giocano sul confine tra ordine e caos, equilibrio e rottura. È un’arte che richiede concentrazione, che invita alla riflessione e che, soprattutto, sta benissimo in un salotto minimalista. La mostra è un perfetto esempio di come il mondo dell’arte contemporanea riesca a vendere concetti astratti con la stessa efficacia con cui un venditore di aspirapolveri piazza il suo ultimo modello. Si esce dalla galleria con la sensazione di essere diventati più intelligenti, ma anche leggermente più poveri. E questa, forse, è la vera magia.
Fonte: ArtsLife
In un’oasi lontana da TikTok, si celebra un premio letterario in Umbria: libri veri, autori in carne e ossa e, si spera, un ottimo buffet
In un’epoca dominata da booktoker che recensiscono libri in 15 secondi e da poeti che scrivono solo su Instagram, la notizia della presentazione della serata finale del Premio Letterario di Lugnano in Teverina suona quasi come un atto di resistenza. Un evento dove i protagonisti sono ancora i libri, quelli di carta, e gli autori, persone che probabilmente hanno passato più tempo a scrivere che a scegliere il filtro giusto per una storia. Un piccolo comune umbro diventa così l’improbabile baluardo di una cultura che sembrava estinta.
La giuria, composta da critici letterari e accademici, aggiunge un tocco di rassicurante antichità. Qui, i romanzi vengono giudicati per la qualità della scrittura e la ricerca stilistica, non per il numero di like che potrebbero generare. L’evento è un tuffo in un mondo pre-digitale, un’oasi di tranquillità dove l’unica “challenge” è arrivare alla fine di un romanzo di 400 pagine. E dove, con ogni probabilità, il buffet offerto durante la premiazione è infinitamente più soddisfacente di qualsiasi contenuto virale. Lunga vita ai premi letterari di provincia, ultimo rifugio degli intellettuali affamati.
Fonte: Terni in Rete

