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mercoledì, 3 Dicembre 2025

Immunità a Ilaria Salis: il Trionfo del Bug

Nella solenne aula del Parlamento Europeo, si è consumato un dramma degno della migliore tragicommedia. La questione cruciale del giorno, ovvero il destino dell’immunità a Ilaria Salis, non è stata decisa dalla forza di un’ideale o dalla compattezza di un’alleanza, ma dal più sublime e imprevedibile degli interventi: un presunto guasto tecnico. Un solo, misero voto, fragile come un’amicizia su Facebook, ha deciso le sorti dell’eurodeputata, mentre l’ombra di una pulsantiera in sciopero aleggia come un fantasma beffardo sull’intera impalcatura democratica.

Salvata da un voto, o forse da una pulsantiera difettosa, la democrazia europea dimostra una solidità tecnologica invidiabile, dove la giustizia dipende più da un guasto tecnico che da un principio. Un trionfo del garantismo a intermittenza, che lascia l’Ungheria di Orbán con un pugno di voti in mano e il dubbio amletico: riavviare il sistema o il processo?

È la celebrazione del garantismo 2.0, una versione beta in cui il diritto alla difesa è subordinato al corretto funzionamento dell’hardware. Dimenticate le arringhe degli avvocati, i codici e le prove schiaccianti; il nuovo tempio della giustizia è un centro di assistenza tecnica a Strasburgo. I nuovi eroi non sono i giuristi, ma anonimi tecnici informatici che, forse con una semplice scrollata di spalle, possono decidere chi finisce alla sbarra e chi, invece, può continuare a godere del proprio scranno parlamentare. Un epilogo che riscrive secoli di filosofia del diritto con un semplice manuale d’istruzioni per dispositivi elettronici.

Lo spettacolo offerto è stato sublime. Da un lato, i conservatori, da Weber a Procaccini, si preparavano al banchetto, pronti a servire la testa della “nemica” al governo ungherese su un vassoio d’argento. Avevano affilato le dichiarazioni, lucidato i principi sullo “Stato di diritto” (quello ungherese, si intende, noto per la sua cristallina imparzialità) e invocato la sacralità della legge. Ma non avevano fatto i conti con l’unica vera, grande potenza che governa il mondo moderno: il bug. Un deputato del Ppe, con la sua pulsantiera in avaria, potrebbe essere diventato l’ago della bilancia, il deus ex machina che ha trasformato un’esecuzione politica annunciata in una farsa grottesca.

Immunità a Ilaria Salis: il verdetto tecnologico

L’immagine è potente: mentre i tecnici armeggiano con cavi e circuiti, il destino di una donna e il significato stesso di immunità parlamentare restano sospesi, appesi a un filo di rame. È la metafora perfetta di un’Unione Europea che si vanta di valori altissimi ma inciampa sui dettagli più triviali, come un gigante con le scarpe slacciate. Un continente capace di normare la curvatura delle banane ma non di garantire che un voto funzioni correttamente.

E così, mentre l’ala progressista esulta per una “vittoria della democrazia”, dovremmo chiederci di quale democrazia stiamo parlando. Quella in cui si vince per un’assenza strategica, un’astensione calcolata o un errore di sistema? È una vittoria che sa di amaro, come un caffè corretto con l’ammoniaca. Questo risultato, che riguarda la **Ilaria Salis immunità**, lascia un retrogusto di casualità, di impotenza, quasi a suggerire che le grandi battaglie ideologiche, alla fine, si riducono a una questione di fortuna o, peggio, di manutenzione ordinaria.

Il dibattito in Italia, naturalmente, si è acceso come una miccia corta. Salvini tuona contro i “traditori” del centrodestra, incapace di concepire che qualcuno possa aver votato secondo coscienza (o secondo un principio liberale che dovrebbe appartenergli). Ma la verità è che questo episodio non ha né eroi né traditori. Ha solo dei protagonisti imbarazzati, costretti a giustificare un risultato che ha più a che fare con la legge di Murphy che con una chiara volontà politica. Un’analisi comparata sui sistemi giudiziari europei, come quelle fornite dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, mostra quanto queste discrepanze siano profonde e problematiche.

La questione dell’immunità a Ilaria Salis si chiude, per ora, con una scrollata di spalle collettiva e un sospiro di sollievo da una parte e di rabbia dall’altra. Il processo è sospeso, la politica ha il suo nuovo aneddoto da raccontare e noi restiamo con la consapevolezza che, la prossima volta, prima di un voto cruciale, sarebbe meglio fare un riavvio forzato. Non si sa mai che la democrazia, come un vecchio computer, abbia solo bisogno di una rinfrescata per tornare a funzionare come si deve.

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