Clamoroso a Rimini! Con un tempismo che farebbe invidia a un bradipo sotto sedativi, Mario Draghi si è accorto di una cosuccia da niente: l’Europa, quel presunto colosso economico con 450 milioni di consumatori, conta quanto il due di picche quando si parla di potere vero. L'”illusione è evaporata”, ci dice. Davvero? Chi l’avrebbe mai detto, a parte chiunque abbia aperto un giornale negli ultimi vent’anni.
A quanto pare, ci voleva la “sveglia brutale” di Donald Trump per far capire alle nostre élite che essere il bancomat del mondo non ti garantisce automaticamente un posto al tavolo che conta. Mentre gli Stati Uniti ci schiaffeggiavano con i dazi , la Russia riscriveva i confini e il Medio Oriente bruciava, noi eravamo lì, a lato campo. Ci siamo distinti come i maggiori finanziatori dell’Ucraina, salvo poi stupirci del nostro “ruolo abbastanza marginale nei negoziati per la pace”. È la sindrome del primo della classe che finanzia la gita scolastica ma viene lasciato a piedi perché nessuno vuole sedersi vicino a lui sull’autobus.
È questa la tragicommedia che va in scena ogni giorno: un’Europa marginale che compra il biglietto più costoso per lo spettacolo della geopolitica, solo per scoprire di non avere neanche una battuta nel copione. Siamo “spettatori” di conflitti che non possiamo fermare e partner commerciali di “alleati” che ci impongono le loro regole e persino la spesa militare. In pratica, paghiamo profumatamente per assistere in prima fila al nostro stesso, lentissimo, declassamento.
E così, dopo la diagnosi impietosa, arriva l’appello accorato di Draghi: “stringiamoci tutti insieme” , “trasformate il vostro scetticismo in azione”. Bellissime parole, perfette per un finale di film strappalacrime. Peccato che, una volta calato il sipario, le luci si spengano e la nostra nobildonna Europa rimanga sola nel suo palco scricchiolante, a controllare il portafoglio e a chiedersi se per il prossimo spettacolo non sia meglio prendere un posto in galleria. Costa meno, e tanto la scena è sempre la stessa.