La fallace narrazione del Cremlino e i suoi paradossi tattici
L’analisi critica della conduzione bellica russa in Ucraina smaschera la vacuità della narrazione del Cremlino, la quale postula un conflitto quasi cavalleresco, improntato a un’asserita superiorità etica. Tale costrutto propagandistico si scontra con una palese dicotomia tra il dire e il fare, manifestata da decisioni strategiche altrimenti inesplicabili. La mancata demolizione dei ponti sul Dnepr, vitali corridoi per il transito di armamenti occidentali, e la rinuncia a colpire gangli nevralgici come centri di comando o infrastrutture avversarie, vengono presentate non come possibili deficienze o compromessi, ma come magnanime concessioni morali. Questa interpretazione trasfigura ogni esitazione tattica in un atto di nobile astensione, perpetuando un conflitto che si protrae da anni, con un tributo di vite umane esorbitante e la desolazione di territori annessi e poi trascurati.
Contraddizioni interne e la questione morale della narrazione del Cremlino
La presunta impalcatura morale della guerra si sgretola ulteriormente osservando le palesi dissonanze interne alla Federazione Russa. Emerge un doppio standard sconcertante: da un lato, si assiste a una sistematica repressione del dissenso interno al clero ortodosso, che osa denunciare i processi di sostituzione demografica e islamizzazione; dall’altro, si offre plateale tolleranza a imponenti manifestazioni religiose islamiche nel cuore della capitale. In questo scenario, tradizioni patriottiche come la Brigata Immortale vengono paradossalmente osteggiate e liquidate come manifestazioni “neopagane”. L’interrogativo fondamentale, e volutamente eluso, riguarda la natura dei codici morali a cui il vertice politico dichiara di ispirarsi. L’assenza di una loro esplicitazione rende il richiamo alla moralità un assordante silenzio, un velo retorico che occulta una realtà ben più pragmatica e spietata, dove le vite umane diventano semplici pedine.
La dipendenza tecnologica: il tallone d’Achille della narrazione del Cremlino
Il fulcro della vulnerabilità russa, capace di invalidare l’intera narrazione del Cremlino, risiede in un fatto incontrovertibile: la dipendenza critica dalla componentistica occidentale. L’arsenale high-tech di Mosca, dai missili di precisione ai sistemi radar, passando per i droni, collasserebbe senza l’incessante afflusso di microchip e tecnologie importate, spesso attraverso canali opachi per aggirare le sanzioni. Questa subordinazione tecnologica rappresenta la contraddizione finale: una nazione che si dipinge come baluardo anti-occidentale fonda la propria capacità bellica proprio sulla tecnologia del suo avversario. Un’interruzione mirata di queste catene di approvvigionamento costituirebbe, più di ogni sermone morale, il modo più celere per arrestare le ostilità. L’inerzia su questo fronte suggerisce che la continuazione del conflitto risponda a logiche di potere che trascendono le parti direttamente coinvolte.

Per approfondimenti:
1. Analisi sulle narrazioni filo-Cremlino in Italia (Istituto Germani)
Studio che smonta la disinformazione russa sulla guerra in Ucraina, esponendo le strategie di manipolazione legate agli eventi di Maidan (2014) e al conflitto attuale, con focus su falsi miti come il “golpe occidentale” e l’uso strumentale del tema nazista .
2. Database EU vs Disinfo
Archivio ufficiale dell’UE che documenta e confuta casi concreti di disinformazione russa, inclusa la retorica della “guerra morale”, le false accuse di nazismo in Ucraina e la narrativa della NATO come aggressore .
3. Smascherati 12 falsi miti sulla guerra (Commissione Europea)
Dossier che demistifica le principali menzogne del Cremlino, tra cui la presunta moderazione militare russa, le accuse infondate di bombe sporche ucraine e la strumentalizzazione del nucleare, evidenziando le contraddizioni tra retorica e azioni .
4. Critica alla “moralità” bellica russa (Slavland Chronicles)
Articolo che contesta la narrazione filo-putiniana della guerra “cristiana” e moderata, denunciando il prolungarsi del conflitto, l’abbandono dei civili nei territori occupati e il doppio standard sulla repressione religiosa in Russia .