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Disastro e inganno: l’instabilità globale

L'attuale scenario mondiale è segnato da una profonda instabilità globale. Conflitti apparentemente improvvisi si rivelano calcolate strategie geoeconomiche , mentre la retorica umanitaria maschera spesso interessi predatori. Questa fragilità sistemica si manifesta anche a livello locale, con infrastrutture inadeguate ad affrontare le nuove sfide climatiche , e culmina nella crisi di un modello economico che richiede un ripensamento radicale.

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Miniatura del podcast "Il Punto del 16 Giugno 2025" che elenca i temi della puntata: Geopolitica Letale, il Volto Oscuro dell'Interventismo, Blackout a Torino e Un'Economia per un Futuro Radioso.
La nostra analisi del 16 giugno 2025: dalla geopolitica letale in Medio Oriente al blackout di Torino, fino a una nuova proposta di economia politica.

Le radici profonde dell’instabilità globale

L’attuale congiuntura storica è caratterizzata da una pervasiva e multiforme instabilità globale, un fenomeno che intreccia calcoli geostrategici e fragilità sistemiche. Le recenti conflagrazioni in Medio Oriente, lungi dall’essere accadimenti fortuiti, vengono interpretate come mosse ponderate su una scacchiera internazionale. Si delinea il sospetto che l’escalation tra attori come Iran e Israele sia stata deliberatamente innescata per manipolare i mercati energetici, sopperendo al fallimento dei tagli alla produzione petrolifera, e per rinsaldare leadership interne vacillanti. In questo gioco pericoloso, si profila l’ombra di una connivenza occidentale, dove il silenzio di alcune cancellerie potrebbe aver significato un tacito assenso.

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Interventismo e l’illusione umanitaria nell’instabilità globale

Parallelamente alle dinamiche belliche, si analizza il modus operandi dell’interventismo occidentale, la cui facciata umanitaria celerebbe finalità predatorie. Tale approccio pare seguire uno schema preciso: sostenere dissidenti all’estero per demonizzare nazioni non allineate, per poi imporre sanzioni economiche volte a esacerbare il disagio sociale e catalizzare un cambio di regime. La selettività di questa indignazione è palese: si attiva con vigore verso paesi dotati di ingenti risorse naturali o posizioni geostrategiche ambite. Le conseguenze di questa “esportazione della democrazia” sono state definite nefaste, portando a devastazione e instabilità cronica in nazioni come Afghanistan, Iraq e Libia.

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La manifestazione locale dell’instabilità globale

L’instabilità globale non è un concetto astratto, ma si manifesta con prepotenza anche nella dimensione locale, svelando le vulnerabilità delle nostre società. L’episodio del massiccio blackout a Torino, occorso durante un’eccezionale ondata di calore, ne è un esempio lampante. Il cedimento della rete elettrica, a causa di guasti a catena dovuti allo stress termico su un’infrastruttura vetusta, ha paralizzato la città, evidenziando una carenza strutturale di resilienza e la necessità improcrastinabile di investimenti per l’ammodernamento e la prevenzione.

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Oltre l’orizzonte dell’instabilità globale: una nuova economia

Di fronte al palese fallimento del modello neoliberista, accusato di generare impoverimento, emerge una proposta audace per un futuro differente. Si propugna un’economia politica che ristabilisca la centralità dell’essere umano attraverso una sinergia tra lavoro, governo e imprese. I pilastri di questa visione sono il monopolio pubblico del sistema bancario per orientare il credito verso settori strategici, la gestione pubblica dei servizi essenziali per garantirne l’universalità, e il raggiungimento della sovranità alimentare. Un simile paradigma, che considera il capitale umano la risorsa più preziosa, esige una cornice costituzionale adeguata e contempla persino l’azzeramento del debito pubblico come premessa per una ripartenza equa.

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