L’insidiosa natura della mancanza di valore
La percezione di una cronica mancanza di valore costituisce una delle ferite emotive più profonde e pervasive. Questa sensazione, sovente radicata nelle esperienze della nostra infanzia, si propaga nella coscienza adulta come una pianta rampicante, condizionando subdolamente le nostre esistenze. L’anelito a costruire un’immagine di sé scaturisce da una ricerca spasmodica di conferme esterne, un tentativo di proiettare sul mondo un ideale di ciò che ci è stato insegnato di dover essere per meritare apprezzamento e sentirci finalmente validati.
La mancanza di valore come meccanismo di difesa
L’ansia che proviamo dinanzi alla possibilità di non conseguire un obiettivo è frequentemente una manifestazione della paura che la nostra immagine attentamente costruita possa frantumarsi. Questo timore recondito che il mondo possa scoprire la nostra vera essenza e, di conseguenza, rifiutarci, ci porta ad adottare svariati stratagemmi difensivi. Non è infrequente arroccarsi in posizioni lavorative percepite come inespugnabili, non tanto per ambizione, quanto per puntellare un’insicurezza di fondo e dimostrare ostinatamente il proprio valore. Una volta raggiunta una parvenza di stabilità, l’idea di abbandonare tale sicurtà diviene intollerabile, poiché significherebbe esporsi nuovamente al dolore dell’umiliazione e della mancata accettazione.
Affrontare la mancanza di valore per evolvere
La risposta più comune a questo malessere è la fuga: ci si distrae, si minimizza, si normalizza persino il degrado circostante, pur di non assumersi la responsabilità del proprio sentire e delle proprie scelte. Tuttavia, esiste un’alternativa coraggiosa: scegliere consapevolmente di attraversare il dolore. Questo implica immergersi nella morsa dell’angoscia, accogliere le sensazioni fisiche spiacevoli e osservare i pensieri tumultuosi senza reagire. È un transito arduo, quasi un passaggio in un collo di bottiglia , ma superato il quale si schiude uno stato di quiete e profonda comprensione. Si approda a una sorta di resa, che non è sconfitta, bensì un atto di fiducia nella vita, un abbandono della necessità di dover dimostrare la propria importanza per percepire finalmente il proprio autentico valore.
