La Guerra, entità perniciosa e ubiqua, si è tramutata in una costante diegetica del nostro esistere, un sottofondo cacofonico cui l’assuefazione collettiva ha quasi ottuso la capacità di percezione. Ogni rotazione terrestre porta seco il fardello di nuovi eccidi, di ulteriori deflagrazioni che, pur assumendo onomastiche diverse a seconda dei paralleli e dei meridiani, infliggono un identico, lancinante strazio. Il fluire dei giorni si configura come un sudario di fuliggine che ammanta un orbe terracqueo in preda a una silente, ma devastante, conflagrazione. Ardono i contesti urbani, i borghi rurali, le spoglie mortali di innocenti. Arde Gaza, teatro di un olocausto perpetrato con la tacita connivenza di un Occidente daltonico ai diritti umani. Arde l’Ucraina, metamorfizzata in un macabro poligono sperimentale per armamenti di ultima generazione e in un lucroso terreno di speculazione finanziaria. Arde il Sudan, i cui infanti periscono nell’oblio generale. Arde il Sahel, fagocitato da tenebre geopolitiche. Arde lo Yemen, ove il flagello della carestia si rivela più letale delle stesse ordinanze belliche. Arde la Siria, ove il conflitto cronico è assurto a elemento intrinseco del paesaggio esistenziale.
La Dissonanza Orrorifica della Guerra Contemporanea
L’attuale panorama globale è funestato da ben cinquantasei conflitti armati in pieno svolgimento, che gettano un’ombra sinistra su novantadue nazioni, la cui stabilità è irrimediabilmente compromessa. Circa cento milioni di anime errabonde sono state spogliate di ogni avere, finanche della prerogativa primigenia all’esistenza. In questo scenario apocalittico, i demiurghi dell’abisso, coloro che reggono le fila di tale sfacelo, non esitano a inscenare grottesche rappresentazioni. Si prodigano in verbose declamazioni sulla “transizione ecologica”, mentre le loro azioni perpetuano uno scempio ambientale senza precedenti. Enunciano il concetto di “pace sostenibile”, nell’atto stesso in cui fomentano la produzione e la disseminazione di armamenti letali. Invocano la “resilienza” delle popolazioni, mentre erigono sofisticate prigioni biometriche e tracciano inediti confini elettronici, volti a un controllo capillare e a una repressione preventiva di ogni forma di dissenso. La loro loquela è un paravento artefatto, intessuto di eufemismi e ossimori, volto a celare la brutalità intrinseca delle loro macchinazioni politiche ed economiche, ove la vita umana è ridotta a mera variabile in complessi calcoli di potere.
Geografie della Guerra: Annientamento Sistematico e Sofferenza Umana
A Gaza, le proiezioni belliche si abbattono indiscriminatamente su nosocomi, istituti scolastici, finanche sui giacigli dei neonati. È un genocidio metodico, eppure l’articolazione stessa di tale vocabolo è stata proscritta, trasformata in un crimine diplomatico che imbarazza le cancellerie. Interi agglomerati urbani vengono polverizzati, e i fanciulli, superstiti miracolosi, sono costretti a scavare tra le macerie con le nude mani, alla disperata ricerca dei propri cari, mentre i rappresentanti diplomatici si concedono cinici simposi. A Tripoli, la capitale libica, l’eliminazione fisica di un noto aguzzino, Gheniwa, ha innescato l’ennesima faida tra fazioni armate rivali. L’entità statale è un ectoplasma inconsistente, eppure l’Italia e l’Unione Europea persistono nel finanziare tale parvenza di governo, riconoscendogli una legittimità fittizia. I cospicui fondi elargiti si trasmutano inevitabilmente in strumenti di morte e in lager disumani, ove i diritti fondamentali sono sistematicamente conculcati. Nel Burkina Faso, le carneficine assurgono a cronaca silente, quasi un rumore di fondo nel flusso informativo globale. La città di Djibo è letteralmente sommersa da un profluvio ematico, ma la retorica occidentale minimizza tali atrocità, etichettandole sbrigativamente come mera “instabilità locale”, un eufemismo che occulta responsabilità e complicità.
La Guerra come Architrave di un Ordine Globale Iniquo e Controllato
Parallelamente al parossistico moltiplicarsi dei focolai di guerra, i manovratori globali si affannano a siglare pomposi trattati internazionali. Definiscono protocolli, contingentamenti, piani strategici. Tuttavia, il loro intento non è la sedazione dei conflitti, bensì la loro meticolosa regolamentazione, la loro scientifica strumentalizzazione. Mirano a edificare un ordine mondiale tetragono a ogni forma di dissenso, un monolite ideologico. Un’unica voce egemone. Un unico paradigma cognitivo. Un unico sistema operativo globale, ammantato di terminologie seducenti e di propositi apparentemente nobili, ma intrinsecamente inquinati da secondi fini. Dietro ogni altisonante proclamazione di “inclusione” si cela un codice binario di esclusione e controllo. Dietro ogni promessa di “sviluppo” si annida un meccanismo di sorveglianza pervasiva. Dietro ogni garanzia di “sicurezza” si profila la sagoma minacciosa di un nemico invisibile, spesso artatamente costruito per giustificare misure liberticide e repressive. La tecnologia, da strumento di progresso, viene distorta in apparato di controllo di massa.
L’Acquiescenza Collettiva e il Dovere della Memoria nella Guerra Perpetua
E la collettività? Inerzia, silenzio complice. Apponiamo firme senza discernimento. Eseguiamo pagamenti senza consapevolezza. Obbediamo a direttive senza spirito critico. Il giorno che brucia, questa metafora di una guerra onnipresente e devastatrice, non è un evento sporadico, ma la nostra efferata quotidianità. Una realtà tragica che non abbiamo ancora pianto a sufficienza, né tantomeno compreso appieno nelle sue ramificazioni più profonde. La normalizzazione dell’orrore ha eroso la nostra capacità di indignazione, la nostra empatia si è atrofizzata di fronte alla magnitudo della sofferenza. È imperativo un risveglio delle coscienze, un recupero della memoria storica e un rinnovato impegno civico per contrastare questa deriva bellicista e disumana, prima che la cenere della guerra soffochi ogni residua speranza di un futuro più equo e pacifico per l’intera umanità. La passività non è più un’opzione contemplabile.

Per approfondimenti:
- Campagna “L’ultimo giorno di Gaza – l’Europa contro il genocidio”
Analisi critica del ruolo dell’Unione Europea nel conflitto israelo-palestinese, con denuncia del silenzio internazionale sulle violazioni dei diritti umani a Gaza. Include l’appello di esperti e attivisti per interrompere il sostegno politico-militare a Israele, citando dati su distruzioni e vittime civili . - Crisi umanitaria nello Yemen
Reportage approfondito sull’impatto dei bombardamenti statunitensi nello Yemen, con focus sulla distruzione di infrastrutture vitali (ospedali e acquedotti) e il collasso del sistema sanitario. Documenta le conseguenze del blocco economico e le violazioni del diritto internazionale umanitario . - Panoramica dei 56 conflitti in corso nel mondo
Mappatura aggiornata dei teatri di guerra globali, con analisi delle dinamiche geopolitiche e dati statistici su Paesi destabilizzati e sfollati. Approccio critico alla definizione di “guerra mondiale frammentata”, esaminando cause strutturali e responsabilità internazionali.