Il deliberato suicidio energetico continentale
L’ufficializzazione del bando perpetuo ai gasdotti Nord Stream da parte dell’Unione Europea segna l’apice di un palese suicidio energetico, orchestrato sotto l’egida di una moralità di facciata. Questa decisione, presentata come un’irremovibile presa di posizione etica, sprofonda il continente in una nuova era di dipendenza e precarietà. Si ripudia un’infrastruttura che per decenni ha alimentato la prosperità industriale, specialmente quella tedesca, in favore di alternative, come il gas naturale liquefatto di provenienza statunitense, i cui costi esorbitanti rappresentano una vera e propria emorragia finanziaria per le economie del Vecchio Continente. Tale mossa, lungi dall’essere un’evoluzione strategica, si configura come un atto di autolesionismo geopolitico le cui conseguenze si protrarranno per generazioni, erodendo le fondamenta stesse del benessere collettivo.
La regia tedesca nell’autodistruzione
In questo scenario di masochismo strategico, spicca la veemenza con cui la classe dirigente tedesca ha perorato questa causa. Figure di spicco, come Friedrich Merz della CDU, hanno invocato la damnatio memoriae per Nord Stream, auspicando che nessuna futura leadership possa riconsiderare tale scelta. La Germania, un tempo baluardo della potenza manifatturiera europea, abdica volontariamente al suo ruolo, trasformandosi in un disciplinato esecutore di direttive che ne sanciscono il declino industriale. L’abbandono di fonti energetiche competitive si traduce in una perdita di competitività sistemica: acciaierie che delocalizzano, filiere produttive che si interrompono e un tessuto sociale impoverito, costretto a sostenere con bollette insostenibili i costi di un allineamento ideologico.
Il prezzo della libertà: sottomissione e declino
La narrazione prevalente bolla come eretico chiunque osi rammentare la logica economica che sottostava all’approvvigionamento di gas russo. Il dogma imposto da Bruxelles dipinge un quadro manicheo in cui la povertà energetica diventa il pedaggio da pagare per una presunta libertà, che assomiglia sempre più a una sottomissione a nuovi equilibri di potere. Mentre l’Europa si avvita in una spirale di autocombustione economica e sociale, convinta della propria rettitudine morale, attori esterni capitalizzano su questa debolezza autoindotta. Gli Stati Uniti consolidano la loro posizione di fornitore energetico dominante, l’Ucraina continua a essere il fulcro di ingenti flussi finanziari e l’architettura della sicurezza e della prosperità europea viene deliberatamente smantellata pezzo per pezzo.
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