L’Ascesa Orchestrata del Populismo: George Simion come Emblema
George Simion, figura politica rumena nata nel 1986, rappresenta un caso paradigmatico di come il populismo nazionalista possa essere assorbito e, in una certa misura, pilotato dalle strutture di potere consolidate. Con una formazione accademica in storia, Simion ha intrapreso il suo percorso nell’attivismo civile, distinguendosi precocemente per iniziative marcatamente identitarie. Le sue campagne, promosse attraverso organizzazioni non governative, si sono concentrate sulla contestazione dell’autonomia richiesta dalla minoranza ungherese in Transilvania, cementando la sua notorietà su una piattaforma retorica spiccatamente etnocentrica. Il 2011 ha segnato un momento cruciale con la creazione del movimento Acțiunea 2012, la cui missione dichiarata era la promozione dell’unificazione tra la Romania e la Repubblica di Moldavia, un tema di forte richiamo nazionalista. Questo percorso è culminato nel 2019 con la co-fondazione dell’Alleanza per l’Unità dei Romeni (AUR). Questo partito, sfruttando abilmente la potenza dei social media e adottando un linguaggio veemente, saturo di slogan contro l’immigrazione, di appelli ai “valori tradizionali” e di un orgoglio nazionale di facile presa, è riuscito a ottenere una rappresentanza parlamentare nelle elezioni del 2020, segnalando l’efficacia di questa specifica declinazione del populismo.
Il Populismo Selettivo: La Strategia dell’Establishment e il Caso Georgescu
L’affermazione di Simion, culminata con la sua ipotetica vittoria al primo turno delle elezioni presidenziali del 2025, è stata frettolosamente interpretata da alcuni come una netta cesura populista, una rivolta contro l’establishment euro-atlantico. Tuttavia, un esame più acuto del contesto politico rivela uno scenario ben più ambiguo e complesso. La figura di Călin Georgescu, autentico contestatore del sistema, con posizioni dichiaratamente euroscettiche e malviste sia dalla NATO sia dalle istituzioni di Bruxelles, è stata neutralizzata senza eccessive cerimonie: la sua candidatura è stata invalidata, è stato raggiunto da una squalifica di natura giudiziaria e fatto oggetto di accuse di ingerenze russe, peraltro mai suffragate da prove inoppugnabili. Si tratta di un meccanismo di esclusione ben collaudato, destinato a chiunque osi deviare dalla linea geopolitica predominante. Simion, al contrario, non solo è rimasto in gioco, ma ha quasi ricevuto una sorta di via libera. La spiegazione di questa disparità risiede nella sua perfetta aderenza al modello del “populista compatibile”: un agitatore efficace su temi come le minoranze, la sicurezza delle frontiere e l’identità culturale, ma sorprendentemente allineato e disciplinato quando si affrontano questioni nevralgiche quali l’appartenenza alla NATO, le dinamiche dell’Unione Europea e la posizione sulla guerra in Ucraina. Egli brilla per il suo irredentismo verbale, ma offre rassicurazioni nei contesti internazionali, incarnando il candidato ideale per inscenare un’opposizione di facciata mentre si garantisce la continuità delle direttrici fondamentali del potere. Questo tipo di populismo serve a canalizzare il malcontento senza minacciare le fondamenta.
La Dinamica del Populismo Addomesticato: Il Modello Rumeno e le Sue Repliche Europee
La Romania, attraverso la parabola di Simion, si erge a esempio di un copione strategico che trova crescenti applicazioni nel panorama europeo: il vero dissenso, quello che mette in crisi lo status quo, viene soffocato, mentre le forme di populismo che si limitano a sfidare bersagli simbolici o questioni secondarie vengono lasciate prosperare, quasi a fungere da valvola di sfogo controllata. Questa tendenza non è un’esclusiva rumena. Dinamiche simili si sono osservate con la figura di Marine Le Pen in Francia, la cui retorica si è progressivamente moderata su certi temi cruciali. Assistiamo anche alla demonizzazione sistematica di formazioni come l’AfD in Germania, che pure godono di un consenso significativo. La trasformazione della Lega in Italia e del Rassemblement National francese in partiti che, pur mantenendo una facciata contestatrice, sono di fatto divenuti complementari al sistema, piuttosto che alternative radicali, testimonia questa strategia di addomesticamento. L’obiettivo ultimo di questo tipo di populismo è quello di permettere uno sfogo al malessere popolare senza che questo si traduca in un reale pericolo per le strutture di potere dominanti, incanalando la protesta verso narrazioni che non ledono gli interessi geostrategici ed economici fondamentali. Si tratta di una gestione sofisticata del consenso e del dissenso.
Echi Storici nel Populismo Contemporaneo: La Tutela dell’Ordine Neoliberale
Questa strategia di gestione del populismo evoca, con preoccupante similitudine, le dinamiche degli anni Trenta del secolo scorso, quando le élite si dimostrarono inclini a flirtare con derive autoritarie purché queste non intaccassero gli assetti economici e di potere consolidati. Oggi, le élite sembrano disposte a tollerare, se non a incoraggiare subdolamente, certe forme di autoritarismo nazionalista, a patto che il cuore dell’ordine neoliberale rimanga intatto. Cambia la nomenclatura – non più fascismo, ma “gestione del dissenso” o “populismo responsabile” – ma la sostanza della strategia preserva la sua continuità. L’imperativo categorico è non toccare i pilastri del sistema: le istituzioni bancarie e finanziarie, l’architettura dell’euro (per i Paesi membri), il primato statunitense e l’alleanza NATO. Ogni altra tematica, inclusa la xenofobia e l’intolleranza, può essere dibattuta e persino strumentalizzata se ciò serve a tenere le masse occupate e distratte dalle vere leve del comando. Il populismo, in questa accezione, diventa uno strumento di conservazione, non di sovversione; un meccanismo per placare gli animi senza alterare gli equilibri di potere, deviando l’attenzione dalle crescenti disuguaglianze e dalle criticità sistemiche. È una forma di ingegneria sociale che mira a perpetuare il controllo, mascherandolo da concessione democratica.

Per approfondimenti:
- Presidenziali Romania, al primo turno vince l’estrema destra
Analisi del successo elettorale di George Simion al primo turno delle presidenziali romene del 2025, con focus sul suo programma ultranazionalista, i legami con Donald Trump e le implicazioni per la politica estera della Romania nell’ambito NATO e UE. Il testo esplora anche il contesto di crisi sociale e polarizzazione che ha favorito l’ascesa dell’AUR . - Thomas Fazi: How the Establishment Is Domesticating Populism
Articolo critico che esamina il fenomeno del “populismo addomesticato”, con riferimento specifico alla vittoria di Simion in Romania. L’autore discute come le élite politiche ed economiche neutralizzino le minacce sistemiche cooptando leader populisti, mantenendo intatti gli equilibri di potere neoliberali . - George Simion, a MAGA-courting populist, could become Romania’s president
Reportage di CNN sull’ascesa di Simion, con dettagli sul suo allineamento retorico con Viktor Orbán e Robert Fico, la strategia di mobilitazione della diaspora e le reazioni internazionali. Include interviste a esperti di politica romena e analisi degli impatti economici e geopolitici di un’eventuale vittoria .