L’Inquietante Orizzonte dell’Intelligenza Artificiale Britannica
Si profila una metamorfosi radicale per il Regno Unito, orchestrata da Keir Starmer, figura politica etichettata come tecnocrate e affiliata a consessi internazionali quali il World Economic Forum. L’annuncio di “spingere l’Intelligenza Artificiale nelle vene della Gran Bretagna” evoca scenari perturbanti, ben oltre la retorica del progresso e dell’innovazione. Questa visione, che ambisce a una trasformazione capillare entro il 2030, sembra riecheggiare i postulati di un riassetto globale che alcuni definiscono “Grande Reset”. La prospettiva non è quella di un avanzamento armonico, bensì di un’intrusione profonda nelle fondamenta democratiche e una potenziale riconsiderazione della sovranità energetica individuale, quasi a impiantare un microprocessore nel cuore della partecipazione civica e un generatore atomico nel privato dei cittadini. La narrazione ufficiale enfatizza la trasformazione del lavoro, l’impulso all’innovazione e il potenziamento dei servizi, ma sotto questa patina si palesano spettri di un controllo accresciuto, di una sorveglianza pervasiva e di una contrazione delle libertà fondamentali. Si teme che la classe media possa venire erosa, schiacciata da oneri fiscali crescenti, costi insostenibili e una diffusa apprensione legata a narrative emergenziali, come quella climatica.
Il “Piano per il Cambiamento” e le Implicazioni dell’Intelligenza Artificiale
Il cosiddetto “Piano per il Cambiamento” delinea un futuro in cui l’automazione rimpiazzerà il lavoro umano in settori cruciali come l’agricoltura, con automi a sostituire i coltivatori. Parallelamente, si prevede l’insediamento di impianti nucleari di nuova generazione in contesti rurali, forse per alimentare la crescente fame di energia richiesta dalle infrastrutture tecnologiche. Le “città intelligenti” emergono come contenitori per masse di individui potenzialmente espropriati o dislocati, mentre una mastodontica “Biblioteca Dati Nazionale” fungerebbe da serbatoio per gli algoritmi, alimentati da un flusso costante di informazioni sui cittadini, la cui privacy verrebbe gestita secondo protocolli definiti “etici” e “responsabili”. Tali assicurazioni, tuttavia, faticano a fugare i dubbi sulla reale natura di un monitoraggio così capillare. Per sostenere questo colossale sforzo tecnologico, si ipotizza una contrazione della spesa destinata ai servizi pubblici essenziali, quasi a dirottare risorse verso l’edificazione di questa nuova era digitale. La localizzazione di mini-reattori nucleari in aree agresti, inoltre, solleva interrogativi sulla sorte delle comunità rurali, che potrebbero trovarsi paradossalmente marginalizzate dal punto di vista energetico pur essendo epicentri di produzione e sorveglianza.
Intelligenza Artificiale e la Società del Controllo Programmato
Entro il fatidico 2030, data che assume quasi i contorni di un dogma per i fautori della digitalizzazione spinta, si prevede un incremento esponenziale, pari a venti volte, della potenza computazionale disponibile. Questo traguardo, celebrato da organi di stampa come il Guardian, riceverebbe il plauso di figure di spicco dell’establishment globale, inclusi Klaus Schwab e, secondo alcune interpretazioni, persino membri della famiglia reale britannica. La traiettoria indicata sembra condurre verso un modello societario caratterizzato da una drastica riduzione della proprietà privata, una rarefazione del contatto umano autentico e una sorta di mente collettiva interconnessa alle infrastrutture cloud di colossi tecnologici come quelli guidati da Musk e Bezos. Di fronte a queste prospettive, la popolazione manifesta già nel 2024 sentimenti di apprensione e timore, associando l’Intelligenza Artificiale prevalentemente a “robot e paura”. Nonostante ciò, la voce popolare sembra trovare scarso ascolto presso le élite dirigenti, propense a seguire acriticamente le direttive di “leader del cambiamento” che appaiono come repliche seriali di un medesimo archetipo. La corsa verso questo futuro iper-tecnologico e potenzialmente spersonalizzante prosegue, bit dopo bit.
Una Residua Speranza Contro la Digitalizzazione dell’Intelligenza Artificiale
Malgrado il quadro delineato possa apparire fosco e ineluttabile, permane nel tessuto profondo della coscienza collettiva, specialmente in una nazione dalla storia complessa come l’Inghilterra, un baluardo di integrità morale. Si tratta di una resistenza intrinseca, un rifiuto istintivo a lasciare che la propria essenza, la propria “anima”, venga completamente assorbita e processata da algoritmi e database. Questa riluttanza a una completa digitalizzazione dell’esperienza umana rappresenta un flebile, ma significativo, segnale che non tutto è ancora compromesso. La possibilità di un’inversione di rotta, o quantomeno di una rinegoziazione dei termini di questa transizione, risiede nel coraggio individuale e collettivo di interrogare criticamente la narrativa dominante, di opporre un “NO” consapevole a quello che appare come un culto del caos programmato, abilmente mascherato da ineluttabile progresso. La dignità umana, in ultima analisi, potrebbe rivelarsi l’ostacolo più arduo per i fautori di un’Intelligenza Artificiale totalizzante.
