Una Deroga Normativa per i Poligoni Militari
Nel delicato equilibrio tra esigenze di sicurezza nazionale e imperativi di tutela ambientale, una nuova proposta legislativa minaccia di creare una profonda cesura. Il governo, adducendo come giustificazione la recrudescenza delle tensioni geopolitiche internazionali, in particolare nei teatri ucraino e mediterraneo, ha presentato un disegno di legge volto a sottrarre i poligoni militari a quasi ogni forma di vincolo ecologico. La ratio del provvedimento, articolato in un singolo ma pervasivo articolo, è quella di centralizzare ogni decisione in materia ambientale direttamente nelle mani del Ministero della Difesa, bypassando le competenze regionali e locali. Si profila così un asservimento delle politiche di conservazione del patrimonio naturale a una logica di “semplificazione” operativa, dove le esercitazioni militari non devono subire rallentamenti o impedimenti a causa di normative poste a presidio degli ecosistemi. Questa manovra legislativa, se approvata, rappresenterebbe un vulnus significativo nel sistema di protezione ambientale vigente, creando zone franche dove le valutazioni ecologiche diventano subordinate alle strategie dello Stato Maggiore della Difesa.
Il Precedente Sardo e l’Impatto sui Poligoni Militari
L’iniziativa legislativa non emerge in un vuoto temporale o giuridico, ma si configura come una reazione diretta a recenti e significative vittorie ambientaliste. Il riferimento è alla storica sentenza ottenuta dal Gruppo di intervento giuridico presso il Tribunale Amministrativo Regionale, che per la prima volta ha imposto una mitigazione degli impatti ambientali nei vasti poligoni militari sardi di Quirra e Capo Teulada. Queste aree, per decenni teatro di intense e continuative esercitazioni “a fuoco vivo”, hanno subito danni paesaggistici e ambientali di entità ancora non del tutto quantificata, ma palesemente ingente. I ricorsi avevano condotto all’imposizione di prescrizioni stringenti per la salvaguardia di habitat protetti e zone umide, molte delle quali rientrano nella prestigiosa rete europea Natura 2000. Il pronunciamento dei giudici amministrativi aveva quindi stabilito un principio fondamentale: le attività militari non possono esimersi dal rispetto delle normative ambientali, specialmente in contesti di elevato pregio naturalistico. Il disegno di legge attuale appare dunque come un tentativo di neutralizzare ex lege l’efficacia di tali sentenze e di precludere future azioni legali a difesa del territorio.
La Proposta di Legge e le Implicazioni per i Poligoni Militari
Il meccanismo proposto dal governo è tanto semplice quanto dirompente. Attraverso una modifica legislativa, si intende stabilire che le regioni non possano più applicare vincoli di natura paesaggistica, idrogeologica o ambientale sulle aree militari senza aver prima ottenuto il consenso incondizionato dello Stato Maggiore della Difesa. Di fatto, l’autorità militare diventerebbe l’arbitro ultimo di ogni decisione concernente la gestione ambientale dei territori sotto la sua giurisdizione. Un ulteriore aspetto problematico è l’assimilazione surrettizia di queste aree a “siti industriali dismessi”. Tale equiparazione appare pretestuosa e funzionale a depotenziare uno degli strumenti cardine della politica ambientale comunitaria: la Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA). Evitando o semplificando drasticamente queste valutazioni, si potrebbero autorizzare attività militari ad alto impatto senza un’adeguata analisi preventiva delle conseguenze su flora, fauna e habitat, eludendo al contempo potenziali responsabilità per i danni arrecati. La sicurezza nazionale, un principio sacrosanto, viene così contrapposta strumentalmente alla tutela dell’ecosistema, quasi fossero due valori inconciliabili.
Sardegna: Emblema del Sacrificio Ambientale nei Poligoni Militari
In questo scenario, la Sardegna assurge a simbolo di una terra martoriata e sacrificata sull’altare di logiche strategico-militari. L’isola ospita oltre il 65% delle servitù militari italiane, con porzioni immense del suo territorio sottratte all’uso civile e devastate da decenni di test bellici. L’inquinamento da metalli pesanti e la potenziale presenza di residuati bellici contenenti uranio impoverito sono spettri che aleggiano su queste aree, con conseguenze sanitarie e ambientali che le comunità locali denunciano da tempo. I poligoni militari sardi sono la testimonianza vivente di come la prolungata assenza di controlli ambientali efficaci possa portare a un degrado profondo e forse irreversibile. Il disegno di legge in discussione non solo legittimerebbe lo status quo, ma lo blinderebbe contro ogni tentativo di ripristino ecologico o di affermazione dei diritti delle comunità locali. La norma sembra cucita su misura per silenziare il dissenso e per garantire che le priorità della Difesa prevalgano incontrastate, perpetuando un modello di sviluppo insostenibile e iniquo per l’isola e per tutti i territori italiani interessati da servitù militari.
Per approfondimenti:
- Governo Meloni cerca di togliere i vincoli ambientali ai poligoni militari
Analisi del disegno di legge che trasferisce il controllo ambientale dei poligoni militari allo Stato, con focus sulle vittorie legali del Gruppo di Intervento Giuridico in Sardegna e i rischi per le aree protette . - Servitù militari e tutela ambientale: la Regione Sardegna esprime preoccupazione
Comunicato ufficiale della Regione Sardegna che contesta la rimozione dei vincoli ambientali, sottolineando l’impatto sproporzionato sul territorio sardo e la violazione delle competenze regionali . - Il governo vuole eliminare i vincoli ambientali per le basi militari
Critica alla “clausola di compatibilità” che subordina le norme ambientali alla difesa, collegando la legge al piano di riarmo Ue da 800 miliardi e ai conflitti d’interesse . - Proposta di legge sulle autorizzazioni ambientali nei poligoni militari
Commento tecnico-giuridico dell’associazione ambientalista sul conflitto tra la legge e le direttive UE (Natura 2000), con dettagli sulle sentenze del TAR Sardegna .