L’Avvento Inesorabile del Nuovo Medioevo
La prospettiva di un imminente Nuovo Medioevo domina le riflessioni contemporanee sulla traiettoria delle civiltà occidentali, suggerendo non tanto un cataclisma subitaneo, quanto una progressiva e strisciante involuzione. Si delinea uno scenario in cui il crollo politico, economico e intellettuale delle nazioni europee appare quasi scontato, sebbene una parvenza di normalità possa persistere ancora per qualche tempo. Questa visione, lungi dall’essere relegata al regno della fantapolitica, prefigura una lenta deriva verso forme di organizzazione sociale che richiamano, per analogia, l’epoca medievale, caratterizzata da frammentazione e dalla dispersione del potere centrale in favore di nuclei autonomi e autosufficienti. L’orizzonte che si prospetta è quello di una mutazione strutturale, profonda e silenziosa, che sta già rimodellando le fondamenta della nostra convivenza civile e politica.
Dissoluzione e Burocrazia nel Nuovo Medioevo Iminente
Un’analisi sorprendentemente premonitrice di tale processo di dissoluzione si può rintracciare nel saggio “L’arte alla fine del mondo antico” di Sergio Bettini, datato 1948. In esso, la fine dell’antichità viene descritta come un fenomeno graduale, scandito dall’isolamento crescente delle strutture burocratiche, dal ritrarsi delle masse dalla partecipazione attiva alla vita pubblica e dall’emergere di nuovi potentati attorno a entità sociali autonome. Questa descrizione si attaglia con inquietante precisione alla contemporaneità: osserviamo la concentrazione del potere decisionale in mani tecnocratiche, refrattarie al controllo e alla volontà popolare, un disimpegno civico sempre più marcato che si manifesta in una crescente astensione, e la costituzione di aggregati economici autosufficienti – i nuovi latifondi corporativi – che operano con logiche proprie. Assistiamo altresì all’assorbimento di intere categorie professionali negli apparati statali, un fenomeno palesatosi con la classe medica durante la recente crisi pandemica, inglobandola nei meccanismi burocratici e decisionali centralizzati.
Il Collasso Funzionale Preannunciato per il Nuovo Medioevo
Decenni più tardi, nel 1971, Roberto Vacca, con il suo “Il medioevo prossimo venturo”, anticipava lucidamente il collasso funzionale delle società tecnologicamente avanzate. La sua profezia verteva sull’incapacità intrinseca di mantenere operativi sistemi infrastrutturali estremamente complessi, quali le reti di trasporto, gli acquedotti, i sistemi di smaltimento dei rifiuti e, crucialmente, l’elaborazione e la gestione delle informazioni. Tale previsione assume oggi contorni di drammatica concretezza, amplificata da una incessante marea di allarmi climatici e da segnali di cedimento sistemico in vari settori. Vacca introduceva il concetto di “letteratura rovinografica”; oggi potremmo assistere alla nascita di una vera e propria “industria dell’ansia sostenibile”, che mercifica la paura del futuro. La peculiarità della riflessione attuale, tuttavia, non risiede tanto nella spettacolarizzazione del disastro imminente, quanto nella constatazione che questo collasso potrebbe non manifestarsi come una deflagrazione istantanea, bensì come una trasformazione lenta, quasi impercettibile, ma strutturale e inesorabile, riecheggiando la transizione dall’Impero Romano al periodo medievale, un’epoca caratterizzata da profondi cambiamenti che si dispiegarono nell’arco di secoli prima di consolidarsi in un nuovo ordine per il Nuovo Medioevo.
Speranza e Reinvenzione nelle Rovine del Nuovo Medioevo
Di fronte a questo scenario di lenta regressione verso un potenziale Nuovo Medioevo, emerge una domanda cruciale: quali saranno i nuovi equivalenti dei monasteri medievali? Dove troveranno rifugio, o da dove potranno ripartire, quelle minoranze capaci di concepire e sperimentare inedite forme di esistenza, di comunità e di pensiero? La vera sfida, e forse la speranza, risiede nella capacità di discernere un significato tra le macerie del vecchio ordine. L’apparente anonimato politico e la ritirata delle masse dalla sfera pubblica potrebbero non essere unicamente sintomi di rassegnazione, ma celare la premessa per una reinvenzione sotterranea dell’esistenza collettiva. Questa rinascita avverrebbe al di fuori dei circuiti di controllo dello Stato, delle logiche pervasive dell’economia globalizzata e delle maglie sempre più strette della sorveglianza digitale. Si tratterebbe di coltivare nicchie di autonomia e di significato in un mondo che sembra aver smarrito la propria direzione, ricercando forme di vita più autentiche e resilienti, capaci di traghettare il sapere e la civiltà oltre la crisi. In questo contesto, la figura di Giorgio Agamben, filosofo e acuto osservatore delle dinamiche del potere, emerge come una voce critica che, già nel febbraio 2020, si oppose al regime pandemico, subendo per questo un ostracismo mediatico.

Per approfondimenti:
- Giorgio Agamben – Stanford Encyclopedia of Philosophy
Voce enciclopedica dedicata a Giorgio Agamben, con approfondimenti sul suo pensiero filosofico, in particolare i concetti di “stato di eccezione”, “homo sacer” e le critiche alle strutture del potere moderno, temi centrali nella sua analisi del collasso sociale contemporaneo. - Sergio Bettini, “L’arte alla fine del mondo antico” – Quodlibet
Pagina ufficiale del libro di Sergio Bettini, con una sintesi del suo studio sulla transizione dall’antichità al Medioevo, analizzando il ruolo della burocrazia, il ritiro delle masse e l’emergere di nuovi nuclei sociali, paralleli evocati da Agamben nel testo. - Roberto Vacca, “Il medioevo prossimo venturo” – Bompiani
Scheda del libro di Roberto Vacca, con una presentazione delle sue tesi sul collasso dei sistemi complessi e la regressione verso un “medioevo tecnologico”, tema ripreso da Agamben per interpretare le crisi sistemiche attuali.